Decrescita” è la parola che più spesso si sente utilizzare quando si parla di politiche ambientali.
Studiosi, politici e cittadini si interrogano sulle connotazioni positive e negative di questo concetto, ma soprattutto ci si chiede quanto sia applicabile un modello economico diverso da quello ancora prevalentemente in uso e che si basa sul consumo intensivo di risorse.

Se è vero che secoli di cultura pre-industriale ed industriale sono difficili da cancellare con un colpo di spugna, la soluzione è tutt’altro che complicata.

Come sempre accade nelle fasi di transizione però occorre partire da un cambio di mentalità.

I due motori della transizione ecologica

Oggi sono due i motori che spingono alla transizione ecologica:

  • la consapevolezza di un ambiente ormai corrotto da cui l’uomo comincia a doversi difendere;

  • la prospettiva del futuro poco roseo che attende le prossime generazioni.

Ma da dove cominciare per operare una inversione di tendenza, quella trasformazione della quale tanto si parla e di cui tanto sentiamo il bisogno?

La risposta è: “da noi stessi”.

La generazione Z, ovvero quella che abbraccia i nati dal 1995 al 2005 ha già posto le basi per un modo totalmente diverso di pensare al consumo, che sembra accentuarsi col passare del tempo.
È possibile guardare loro per comprendere quali saranno i trend futuri.
Gli attuali trentenni hanno iniziato a pensare in termini di “uso” piuttosto che di “possesso” e scelgono in base al minore impatto possibile.

Possedere o utilizzare?

Cosa significa nella pratica “pensare in termini di uso” e perché lo si fa?

Se pensiamo al leasing delle automobili, alla locazione abitativa o all’opzione contratto “voce e dati con smartphone in uso”, o ancora, più banalmente, all’abbonamento del trasporto pubblico, abbiamo un esempio del modo in cui si sostituisce il possesso di qualcosa con il suo utilizzo.

Le motivazioni di questo orientamento sono tante ma quella più trasversale si esprime nella libertà dai vincoli che le “cose” generano. Va da sé che in futuro probabilmente occorrerà costruire di meno, produrre un minor quantitativo di oggetti, e al contempo usufruire di maggiori servizi.

Nelle politiche ambientali future saranno necessarie ad esempio meno auto ma più soluzioni di spostamento intermodali: un trasporto pubblico efficiente; lo sharing di auto, biciclette e monopattini; percorsi pedonali rapidi; smartworking e molto altro. I

n sostanza questo tipo di logica necessita di ripensare se stessi nel contesto in cui si vive, di abbracciare uno stile di vita più leggero e più green.

Quello che probabilmente ci aspetta è un futuro fatto di flessibilità.

Accogliere il nuovo

In attesa di uno scenario più definito però è già tempo di scelte intelligenti, soprattutto per le passate generazioni.

Occorre prendere dal Pianeta l’essenziale evitando sprechi, soprattutto occorre prendere ciò che può essere facilmente rigenerato o che può rinnovarsi in modo perpetuo, come l’energia solare, eolica e idroelettrica, e spingere e supportare tutto ciò che ha ricadute positive sull’ambiente.

È necessario tornare ad un rapporto armonico con la natura, ed è proprio comprendendo l’utilità della cosa che il termine “decrescita” non significa privazione ma invece “progresso”, solo liberandoci dalla zavorra del consumismo tout court, quello usa e getta per intenderci, è possibile fare quel salto culturale e sociale che può traghettarci in una epoca più tecnologica, più inclusiva, ma anche economicamente più stabile.

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